Intervento della Dott.ssa Patrizia Bonaca al Convegno PaxLAB
14 Aprile 2011 - Tribunale d Frascati
COUNSELING E MEDIAZIONE
NOZIONI GENERALI E PROPEDEUTICHE
Che cosa è il counseling
La figura professionale del counselor nasce negli Stati Uniti, diventa ufficiale intorno agli anni 60, e si rivolge “a tutte quelle persone che pur non desiderando diventare psicologi o psicoterapeuti svolgono un lavoro che richiede una buona conoscenza della personalità umana”.
La formazione del counselor comprende oltre alla teoria anche un “training professionale individuale e/o di gruppo, che garantisca il superamento da parte del counselor di quella tendenza dell’io ad esercitare un counseling sulla base di propri, più o meno rigidi, pregiudizi”
Il counseling si occupa di infondere un senso di coerenza e competenza per la vita integrando le competenze proprie della persona (qualsiasi sia la specializzazione) con competenze trasversali derivanti dalla psicologia, filosofia, sociologia, antropologia e letteratura…). Nel senso che il counseling è prima di tutto una formazione alla crescita personale, un invito, una guida a riconoscere il largo margine di responsabilità che abbiamo nei confronti della nostra esistenza, riconoscendo come modifichiamo e causiamo gli eventi con il nostro modo di agire, di parlare e anche solo di pensare.
Si può dire che intraprendere un percorso di counseling non è un metodo per i “deboli di cuore”, ci vuole coraggio e volontà.
Infatti, nel processo di consapevolezza attivato dalle tecniche di counseling la volontà dell’individuo gioca un ruolo fondamentale per il progredire e la riuscita del processo.
Nel suo libro “Crescere”, Piero Ferrucci, descrive la volontà come la capacità di un organismo di funzionare liberamente secondo la sua natura intrinseca anziché sotto la coazione di forze estranee come i condizionamenti e le abitudini.
Possiamo scoprire in noi stessi la facoltà di scegliere, di dirigere, di essere causa: e questa è la volontà.
La volontà genera volontà e la vera funzione della volontà è di dirigere, non di imporre.
Roberto Assagioli parla di sette gruppi di qualità manifestate dalla volontà in azione: energia, padronanza, concentrazione, determinazione, persistenza, coraggio, organizzazione.
In pratica si tratta di imparare per poi mettere in pratica tecniche e metodi nuovi che ci consentano di filtrare creativamente le situazioni conflittuali e gli eventi della nostra vita, in un contesto salutogeno.
“Compito del counselor è quello di assistere il cliente nella ricerca del suo vero sé e poi aiutarlo a trovare il coraggio di essere quel sé”
Che cosa fa il counselor
La competenza del counselor è nella relazione e il suo intervento consiste nel facilitare l’emersione della soluzione per problemi che creano disagio relazionale ad un individuo o ad un gruppo di individui.
Le attitudini generali del counselor:
Alcune definizioni dell’attività di counseling:
La BACP (British Association for Counselling and Psychotherapy) fornisce la seguente definizione dell'attività di counseling: «Il counselor può indicare le opzioni di cui il cliente dispone e aiutarlo e seguire quella che sceglierà. Il counselor può aiutare il cliente a esaminare dettagliatamente le situazioni o i comportamenti che si sono rivelati problematici e trovare un punto piccolo ma cruciale da cui sia possibile originare qualche cambiamento. Qualunque approccio usi il counselor lo scopo fondamentale è l'autonomia del cliente: che possa fare le sue scelte, prendere le sue decisioni e porle in essere».
Secondo l’associazione S.I.C.O.O.L.il counselor olistico sostiene la persona a ritrovare l'armonia psicofisica attivando la consapevolezza di sé. Il counselor olistico stimola un naturale processo di trasformazione e di crescita personale al fine di riattivare il potenziale umano dell'individuo, è un professionista che tende ad orientare, sostenere e sviluppare le potenzialità del cliente, promuovendone atteggiamenti attivi, propositivi e stimolando le capacità di scelta.
L’associazione ANCORE definisce il counseling l’applicazione da parte del professionista di un insieme di tecniche, abilità e competenze atte a favorire nel cliente l’uso di risorse personali per gestire un problema in ambito relazionale e per realizzare la propria crescita personale o lavorativa e in generale per migliorare il proprio benessere.
Individua come scopo del counseling (dal latino “consulo” nella sua accezione etimologica di “aiutare”) quello di favorire la consapevolezza del cliente al fine di utilizzare al meglio le risorse personali rispetto ai propri bisogni e quindi raggiungere un modo di agire più adeguato e integrato ed un maggior benessere, utilizzando il modello teorico operativo che si riferisce ad una visione olistica dell’essere umano, operando nel campo della prevenzione e della promozione del benessere.
Precisa che il counselor è il professionista che presta la propria competenza al fine di ricercare una soluzione ad un disagio esistenziale, solo attraverso le metodologie specifiche che non hanno alcun fine curativo e/o terapeutico, non potendosi sostituire ad attività medico sanitarie o para sanitarie specifiche per la cura di patologie fisiche o psicofisiche, i cui ambiti sono riservati per legge ad altri professionisti (medico, psicologo, psicoterapeuta, etc.), impegnandosi il counselor ad indirizzare a detti professionisti qualora ravvisi patologie e/o la necessità di interventi curativi e terapeutici che non sono di sua competenza professionale.
Che cosa è il coaching
Il coaching nasce sempre negli Stati Uniti, negli anni ’80, come tecnica per incrementare le performance sportive. Così come un allenatore stimola l’atleta ad esercitarsi, il coach promuovere nel proprio cliente l’espressione e lo sviluppo del potenziale umano.
Coaching e counseling
Nel coaching il cliente non presenta un disagio relazionale e non cerca una cura a livello emotivo vuole solo raggiungere determinati obiettivi.
Il coaching e il counseling condividono l’orientamento di base, ovvero promuovere e sostenere il processo di auto-realizzazione dell’individuo attraverso l’instaurarsi di un rapporto tra professionista e cliente.
PERCHE' E' IMPORTANTE IL COUNSELING NELLA MEDIAZIONE
Il counseling è utile a chiunque si trovi professionalmente in condizione di condurre colloqui che coinvolgono temi personali, privati ed emotivamente significativi per l’interlocutore, si riferisce, quindi, a tutte quelle professioni che fanno della relazione lo strumento principe del loro operare come, appunto, quella del mediatore professionista.
L’applicazione delle tecniche di counseling affianca la conciliazione nella fase strategica e cioè nella fase in cui il mediatore facilita la creazione di un accordo che si riveli soddisfacente per le parti, guidando il processo di empowerment del conflitto e permettendo che l'accordo finale rappresenti il punto di inizio per un nuovo e autonomo cammino della situazione.
Il counseling può aiutare il conciliatore, mediatore, professionista a gestire colloqui che coinvolgono temi personali privati ed emotivamente significativi per l’interlocutore, in cui questo viene aiutato ad aiutarsi a gestire i suoi problemi utilizzando le proprie risorse personali senza dipendere da interpretazioni, consigli o direttive forniti da un altro, per quanto esperto possa essere.
L’originaria intuizione è quella su cui si basa uno dei padri fondatori del counseling, Carl Rogers, secondo cui se una persona si trova in difficoltà il miglior modo di venirle in aiuto non è quello di dirle cosa fare, quanto piuttosto di aiutarla a comprendere la sua situazione e a gestire il problema a assumendo da sola e pienamente la responsabilità delle scelte eventuali.
In cosa consistono queste tecniche di counseling?
Si tratta di imparare ad acquisire una “nuova” consapevolezza del proprio modo di comunicare, sia con se stessi che verso "l'altro". In un certo senso è come guardarsi dall'esterno per poter integrare e modificare quelle modalità espressive che ci appartengono ma che non conosciamo e che inevitabilmente sabotano le nostre relazioni personali. Nel nostro caso un mediatore che non tenesse conto di ciò rischierebbe di pregiudicare il buon esito della conciliazione stessa!
L’aver appreso e fatto proprie alcune e mirate tecniche di counseling permette al mediatore di raggiungere obiettivi come:
IL MODELLO CO.ME.©: UN PERCORSO FORMATIVO DI COUNSELING PER IL MEDIATORE DI SUCCESSO;
Riferimenti teorici del modello CO.ME© di Patrizia Bonaca
Il modello CO.ME.© è un percorso esperienziale di counseling concepito per apprendere le tecniche di comunicazione, di ascolto e di sviluppo delle potenzialità creative che permettano al professionista e mediatore di abbinare la propria competenza specifica a delle competenze trasversali derivanti dalla letteratura, filosofia, discipline manageriali, sociologia, psicologia, antropologia.
E’ un percorso proattivo nell’ordine di cinque gradini formativi con la finalità ultima quella di trasferire le competenze necessarie per portare a termine una mediazione con successo.
Intendendosi con successo l’ampia soddisfazione di tutte le parti in gioco e cioè :
Seguendo il modello il nostro pilota automatico in genere “reattivo”si trasforma in “proattivo”, tramite la:
Il percorso formativo esperienziale necessita di un tempo minimo per acquisire una mentalità differente, cioè più ampia rispetto al nostro modo “automatico” di vedere il conflitto. Il conflitto, a volte, può rappresentare una opportunità di crescita professionale e personale.
La formazione esperienziale permette di fare proprie tutte quelle tecniche che poi verranno condivise con le parti nel tavolo della mediazione.
La tipologia di formazione esperienziale fa in modo che il percorso formativo sia, nel contempo, un processo di apprendimento per la mediazione ma anche di consapevolezza personale.
Le teorizzazioni sono esperite attraverso un training professionale individuale e/o di gruppo che da la possibilità al mediatore di andare oltre la naturale tendenza a mediare secondo schemi rigidi e preconfezionati.
“Non puoi insegnare qualcosa ad un uomo, puoi solo aiutarlo a scoprirla dentro di se” G.Galilei
ABSTRACT DELLE CINQUE FASI DEL MODELLO CO.ME© DI PATRIZIA BONACA:
- CONSAPEVOLEZZA DI SE;
- ASCOLTO EMPATICO;
- COMUNICAZIONE EFFICACE;
- AUTOREVOLEZZA;
- CREATIVITA’;
CONSAPEVOLEZZA DI SE’
“Il counseling porta alla comprensione dell’unicità e della peculiarità di ogni essere umano come tale: la nostra peculiarità di esseri umani è data dalla moltitudine di parti all’interno di noi, quell’insieme di pregi e difetti che ci caratterizzano e ci rendono unici. I conflitti nascono dalla non accettazione di parti di noi che non ci piacciono. Riuscire ad accettare anche quelle parti ci porta a trovare l’equilibrio all’interno della nostra personalità che è “il realizzarsi del processo della vita di un individuo libero, socialmente integro e psicologicamente consapevole”
Il processo di consapevolezza della propria modalità espressiva si avvia e si alimenta tramite l’autosservazione e la sperimentazione di nuovi comportamenti proattivi (imparare a dire di no, porre dei limiti, gestire il tempo in modo efficace, ecc.)
ASCOLTO EMPATICO
Quale addestramento o formazione abbiamo ricevuto che ci permetta di ascoltare in modo da poter comprendere realmente, profondamente, una situazione, dal punto di vista di un altro essere umano?
Regola d’oro:
“…prima cerca di capire….poi di farti capire…”
Esiste un modo per migliorare la nostra capacità di ascolto nei confronti degli altri che ha il duplice obiettivo di economizzare il tempo e di far sentire a proprio agio l’interlocutore:
“SI” , “Capisco”, Ah, certo, capisco veramente quello che provi, ho perduto il filo potresti ripetere, per piacere?
Provate a seguire il vostro interlocutore senza aggiungere niente di vostro in quello che dice. Resterete sbalorditi!
Per ascolto empatico si intende l’intento di comprendere l’altro, significa sforzarsi di guardare il mondo nel modo in cui l’altro lo osserva, capire cosa prova.
Ascolto empatico non significa essere d’accordo con qualcuno ma capirlo sia da un punto di vista emotivo che intellettuale.
“Empatia non è simpatia”…
Ascolto empatico significa astenersi dal:
Generalmente ascoltiamo gli altri in modo autobiografico e tendiamo a rispondere valutando, inquisendo, consigliando e interpretando se non delle volte schernendo.
Riporto, come esempio, una conversazione tra le più comuni tra padre e figlio avente come oggetto la scuola. (Tra parentesi è riportato lo stato d’animo del figlio )
“Papà non mi piace andare a scuola, non ha niente di pratico, voglio fare come il mio amico che ha smesso e ora lavora” (per me è diventato un vero problema la scuola e questo anno rischio di essere bocciato)
Il padre risponde inquisendo, consigliando e valutando:
andare a lavorare ora…, stai scherzando vero ? (non sarebbe contento di me se smettessi di studiare);
Cosa c’è che non va figlio mio? (allora è interessato…)
Senti, ma hai provato sul serio a metterti a studiare? (…io ho un problema serio con la scuola…non vuole capire…)
Ti rendi conto di quanti sacrifici stiamo facendo io e tua madre per mandarti ad una scuola così di pregio (ecco…ora mi deve colpevolizzare, ma io ho un problema serio con la scuola)
Adesso non puoi vedere i benefici derivanti dallo studio di certe materie e poi devi guardare a lungo termine (eccoci…. ora inizia con la sua autobiografia,… a me interessa il mio problema)
Questi sono i limiti di una conversazione quando cerchiamo di capire la persona solo attraverso le parole pronunciate e specialmente quando la osserviamo attraverso i nostri occhiali.
Proviamo ora ad applicare i quattro stadi di sviluppo dell’ascolto empatico:
"Papà non voglio più andare a scuola è per le persone che non hanno iniziativa!"
- tecnica dell’ascolto attivo: ascolto ripetendo le parole: non vuoi più andare a scuola è per le persone che non hanno iniziativa…… (Non ho valutato, inquisito, interpretato e consigliato.)
- tecnica della riformulazione: tu non hai più voglia di andare a scuola (state pensando razionalmente a quello che ha detto);
- entra in funzione il pensiero creativo-laterale: sei proprio frustrato dalla scuola…. (la frustrazione è il sentimento la scuola il contenuto, mi riferisco anche allo stato d’animo)
- l’ascolto empatico: la persona acquista fiducia e comunica oltre le parole il suo vero stato d’animo in quanto avete prestato attenzione sia al sentimento che al contenuto.
“ l’altro non pensa e sente un cosa e ne comunica un’altra”
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Rivediamo la conversazione applicando i quattro passi dell’ascolto empatico:Papà non voglio più andare a scuola e per le persone che non hanno iniziativa!(figlio)
Non vuoi più andare a scuola è per le persone che non hanno iniziativa..(padre)
Si non voglio più andarci, perdo solo tempo…!(figlio)
Pensi che la scuola sia una perdita di tempo e non ti dia niente per il tuo futuro…..(padre).
Si il mio amico ha smesso di andare a scuola e ora guadagna tanti soldi…!(figlio)
Si vede che ti senti proprio frustrato dall’ambiente scolastico…...(padre)
Si che mi sento frustrato vorrei fare come il mio amico! (figlio)
Secondo te il tuo amico ha avuto l’idea giusta…...(padre)
Beh, penso di si bisognerà però vedere tra un po’ di anni! (figlio)
Pensi che tra un po’ di anni si pentirà di questa scelta …...(padre)
Beh si se non hai un diploma è veramente difficile farsi strada oggi…!(figlio)
Si oggi è veramente difficile…..(padre)
Ho delle difficoltà con la matematica e mi rimane difficile parlarne con l’insegnante. Tu non lo dirai alla mamma vero?
Cosa pensi dovrei fare?............ !(figlio)
Ora padre e figlio stanno guardando il problema dallo stesso lato del tavolo… e sarà più facile trovare una soluzione..
Per concludere riporto uno stralcio del libro “Siddharta” di Herman Hesse che individua le qualità di un buon ascoltatore:
….”Vasudeva ascoltò con grande attenzione. Tutto assimilò ascoltando: nascita e fanciullezza di Siddharta, tutti i suoi studi, tutto il suo gran cercare, tutta la gioia, tutta la pena. Tra le virtù del barcaiolo questa era una delle più grandi: sapeva ascoltare come pochi. Senza che egli avesse detto una parola, Siddharta parlando sentiva come Vasudeva accogliesse in sé le sue parole, tranquillo, aperto, tutto in attesa, e non perdesse una, non ne aspettasse una con impazienza, non vi annettesse ne lode ne biasimo: semplicemente ascoltava.
Siddharta sentì quale fortuna sia imbattersi in un simile ascoltatore, affondare la propria vita nel suo cuore, i propri affanni, la propria ansia di sapere…”
COMUNICAZIONE EFFICACE
I presupposti della comunicazione efficace secondo il modello CO.ME.© sono:
La consapevolezza della propria modalità espressiva primaria consente l’avvio del processo verso una competenza comunicativa più ampia e quindi efficace.
“Spesso la conversazione avveniva fra le diverse voci dentro la mia testa... cominciavano a bisbigliare tra loro trasformando la mia testa in una buca d'orchestra dove suonavano diversi strumenti musicali. (Orhan Pamuk "La nuova vita")
Questa fase necessita di parte pratica consistente in una serie di esercizi e simulazioni che permetteranno alla persona di individuare la sua modalità espressiva primaria e di integrarla con altri aspetti comunicativi fino a quel momento ignorati.
Si entra nel campo della meta-comunicazione e cioè una comunicazione che va al di là del contenuto ma presta attenzione al non verbale e alle proprie sensazioni che inevitabilmente influenzano la risposta dell’altro.
AUTOREVOLEZZA
Una condizione mentale che corrisponde più che ad un qualcosa di statico ad una “ballo” che un “ballerino esperto” danza con le sue modalità comunicative, riconoscendole e integrandole in tutti gli aspetti della sua vita.
L’autorevolezza costituisce un traguardo in movimento che occorre monitorare e coltivare. Acquisire alcune delle caratteristiche che seguono costituisce un processo di consapevolezza interiore che corrisponde ad un nuovo modo di pensare e affrontare il conflitto e sicuramente mai qualcosa che ci si può imporre di essere o di diventare. (devo essere imparziale…!)
CREATIVITA’
“Fantasia ed immaginazione sono più importanti delle nozioni”Albert Einstein
Le tecniche del freewheeling e del brainstorming:
Il creatore di questi metodi è l’americano Alex F. Osborn
I metodi si basano sul principio dell’associazione di idee….un idea chiama l’altra…..
FREEWHEELING
Con il freewheeling, anche autonomamente, si può affrontare la ricerca della soluzione per un determinato problema scrivendo idee su idee, su una lavagna o foglio di carta, spaziando liberamente e cercando di non trascurare le idee che non ci piacciono o che giudichiamo, in genere è proprio da li che vengono delle informazioni utili!
Alla fine riguardiamo i nostri “lampi di genio”, eliminando quelli non utilizzabili o senza senso. Fra i rimasti scegliamo la soluzione migliore.
BRAINSTORMING: tempesta cerebrale
Con questo metodo un gruppo di persone fornisce tutte le idee possibili per trovare una soluzione ad un determinato problema.
Durante il convegno abbiamo sperimentato questa tecnica prendendo in prestito l’aneddoto che segue dal libro di Edward de Bono, “Il pensiero laterale ” ..…..Molti anni fa, ai tempi in cui un debitore insolvente poteva essere gettato in prigione, un mercante di Londra si trovò, per sua sfortuna, ad avere un grosso debito con un usuraio. L'usuraio, che era vecchio e brutto, si invaghì della bella e giovanissima figlia del mercante, e propose un affare. Disse che avrebbe condonato il debito se avesse avuto in cambio la ragazza. Il mercante e sua figlia rimasero inorriditi della proposta. Perciò l'astuto usuraio propose di lasciar decidere alla Provvidenza. Disse che avrebbe messo in una borsa vuota due sassolini, uno bianco e uno nero, che poi la fanciulla avrebbe dovuto estrarne uno. Se fosse uscito il sassolino nero, sarebbe diventata sua moglie e il debito di suo padre sarebbe stato condonato. Se la fanciulla invece avesse estratto quello bianco, sarebbe rimasta con suo padre e anche in tal caso il debito sarebbe stato rimesso. Ma se si fosse rifiutata di procedere all'estrazione, suo padre sarebbe stato gettato in prigione e lei sarebbe morta di stenti.
Il mercante, benché con riluttanza, finì con l'acconsentire. In quel momento si trovavano su un vialetto di ghiaia del giardino del mercante e l'usuraio si chinò a raccogliere i due sassolini. Mentre egli li sceglieva, gli occhi della fanciulla, resi ancor più acuti dal terrore, notarono che egli prendeva e metteva nella borsa due sassolini neri. Poi l'usuraio invitò la fanciulla a estrarre il sassolino che doveva decidere la sua sorte e quella di suo padre.
Immaginiamo di trovarci in quel vialetto, di fronte alla scelta del sassolino, cosa potremmo fare? Cosa potremmo consigliare a questa ragazza?
Probabilmente la maggior parte di noi potrebbe rifiutarsi di estrarre il sasso o protestare di fronte all’ingiustizia e cercare di smascherare l’imbroglio, o perfino vedersi costretto ad estrarre un sassolino dalla borsa, sacrificandosi per il padre.
In questo modo però non riusciremmo a superare l’ostacolo: se la ragazza non estraesse il sassolino suo padre finirebbe in prigione, nel caso contrario dovrebbe sposare l’usuraio.Come si conclude l’aneddoto?
La ragazza introdusse la mano nella borsa ed estrasse un sassolino, ma senza neppur guardarlo se lo lasciò sfuggire di mano facendolo cadere sugli altri sassolini del vialetto, fra i quali si confuse. «Oh, che sbadata!» esclamò. «Ma non vi preoccupate: se guardate nella borsa potrete immediatamente dedurre, dal colore del sassolino rimasto, il colore dell'altro.»
Naturalmente, poiché quello rimasto era nero, si dovette presumere che ella avesse estratto il sassolino bianco, dato che l'usuraio non osò ammettere la propria disonestà. In tal modo, la ragazza riuscì a risolvere assai vantaggiosamente per sé una situazione che sembrava senza scampo. La ragazza, in realtà, si salvò in un modo molto più brillante di quanto non le sarebbe riuscito se l'usuraio fosse stato onesto e avesse messo nella borsa un sassolino bianco e uno nero, perché in tal caso avrebbe avuto solo il cinquanta per cento delle probabilità in suo favore. Il trucco che escogitò le offrì invece la sicurezza di rimanere col padre e di ottenergli la remissione del debito.
L’aneddoto è una ulteriore dimostrazione della differenza del pensiero verticale e quello laterale. I verticalisti sono coloro che si affidano al procedimento logico e quindi in questo caso si occupano del fatto che la ragazza debba effettuare l’estrazione del sassolino, gli altri e cioè i lateralisti si occupano invece del sassolino che manca e prendono in esame tutte le possibilità senza focalizzarsi su quella più invitante.
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La creatività si alimenta in misura più che proporzionale all’aumentare della fiducia che noi diamo alle comunicazioni che ci provengono dall’emisfero non dominante del nostro cervello, che in genere coincide con il destro e cioè: sensazioni, immagini, che spesso sono trascurate e accantonate definendole…cose senza senso….In pratica dobbiamo dare valore alle comunicazioni che provengono dal nostro inconscio e che parlano una lingua a noi quasi sconosciuta!
Per fare una breve introduzione sull’argomento “inconscio” prendo come riferimento il diagramma di Assagioli “dell’uovo” (fig.1) come rappresentazione della nostra psiche. Le tre divisioni orizzontali dell’ovale rappresentano il nostro passato, presente e futuro: tutti e tre questi livelli sono attivi in noi, anche se in modi differenti.
L’inconscio inferiore rappresenta il nostro passato psichico in forma di contenuti repressi o dimenticati. Per favorire la crescita psicologica è necessario esplorare l’inconscio e una buon metodo di intervista può essere proprio la tecnica del focusing!
In caso contrario esso può essere causa di difficoltà, accumulare energia repressa, controllare le nostre azioni e privarci della nostra libertà.
L’inconscio medio (2) è il livello in cui esistono tutte le nozioni, la capacità e gli stati d’animo che possono essere volontariamente portati nel campo della coscienza. (ad esempio il ricordo di ciò che abbiamo fatto ieri o del nostro numero di telefono, sono nell’inconscio medio.
Il superconscio (3) e quella regione psichica da cui provengono le intuizioni e le ispirazioni superiori, artistiche, filosofiche e scientifiche, le creazioni geniali.
L’esplorazione del superinconscio è uno dei nostri compiti più belli e importanti. La differenza tra inconscio superiore e inferiore si riferisce allo sviluppo e non ad una valutazione di ordine morale. L’inconscio inferiore è semplicemente la parte più primitiva di noi mentre il superconscio è tutto quello che possiamo raggiungere nel corso del nostro cammino evolutivo, non è solo una possibilità astratta, ma una realtà vivente, con una sua esistenza e una sua autonomia.
IL FOCUSING
Il focusing è una risorsa naturale, scoperta dal professor Eugene Gendlin della University of Chicago, e non inventata.
Acquisire abilità nella tecnica del focusing è possibile per tutti, occorre solo una certa dose di curiosità e costanza: siamo nati tutti con la capacità di conoscere cosa sentiamo di momento in momento, solo che occorre riacquisire la fiducia in noi stessi che questo possa succedere. All’inizio le nostre sensazioni sono molto lievi, quasi fossero timorose di comparire, in quanto generalmente siamo abituati a non prestargli attenzione.
“Il focusing è un amico che ascolta il corpo”
Il focusing rappresenta una efficace tecnica di intervista del nostro emisfero non dominante e permette di abbinare il pensiero alla sensazione corporea.
Occorre, tuttavia, precisare che è quasi impossibile dare una definizione, in quanto l’approccio esperienziale in questo ambito è fondamentale e l’unico modo per definirlo rimane quello di vivere un processo di focusing insieme ad un trainer .
Può anche essere definito un metodo introspettivo, esperienziale, semplice e potente, che consolida l’autorevolezza personale e favorisce l’emersione di idee creative.
“…le idee sono cosi nuove che ancora ci mancano le parole adatte a descriverle..”
Il focusing può essere usato prima di una riunione difficile o che ci crea dei problemi personali. E’ versatile, rapido, rafforza l’autonomia e insegna a gestire diversamente il tempo.
E’ una risorsa personale a disposizione di tutti, occorre solo imparare come poterla usare per il nostro benessere lavorativo e non….
Ad esempio può essere usato per prendere una decisione importante e che ci vede “impantanati”. A questo proposito riporto un’ estratto del libro “Focusing” di Ann Weiser Cornell:
“Per prendere una decisione la tecnica più comune a cui si ricorre consiste nel tracciare una linea nel mezzo di un foglio di carta ed elencare tutti i pro da una parte e tutti i contro dall’altra. Vi è mai capitato di farlo e di trovarvi alla fine più indecisi che mai? La difficoltà sta nel fatto che questo è un modo puramente logico di prendere una decisione e la logica mette in gioco solo una parte di noi. Nel prendere decisioni, soprattutto quelle più importanti abbiamo invece bisogno di partire dal tutto il nostro sé. Il focusing rappresenta un importante strumento per prendere decisioni, in quanto vi aiuta a sentire la giustezza della scelta che state facendo, a un livello che va oltre l’analisi logica. Sarete in grado di fare una scelta che è giusta per voi in senso olistico, vale a dire accogliendo e integrando tutti i fattori in un insieme armonioso.”
Dott.ssa Patrizia Bonaca